Torre Pellice deve il nome alla torre edificata sulla collina, oggi detta del Forte, intorno all’anno Mille. La storia di Torre Pellice, dal XIII secolo feudo dei Rorenghi, un ramo della famiglia dei Conti di Luserna, è strettamente legata alle vicende della valle e del popolo valdese. Già agli inizi del XIII sec abbiamo testimonianza dell’esistenza in valle di numerose famiglie aderenti al movimento valdese, sorto in Francia nel XII secolo ad opera di Pietro Valdo. Con l’adesione dei Valdesi alla Riforma Protestante (1532), il territorio diviene luogo di scambi religiosi e culturali a livello europeo. Dal XVI al XIX secolo Torre è pesantemente colpita dalle persecuzioni antivaldesi. Particolarmente cruente quelle del 1655, ricordate come Pasque Piemontesi, quando le armate dei Savoia saccheggiano il paese (su 295 famiglie, 279 sono valdesi) e quelle del 1686 dopo la firma, da parte del duca Vittorio Amedeo II, dell'editto di Fontainebleu (a seguito della revoca dell'Editto di Nantes); il duca impone l'espatrio o il massacro: i seguaci di Valdo decidono di restare e organizzano la difesa (21 aprile - 15 maggio) contro 8500 soldati savoiardi e francesi. A settembre i Savoia sono costretti a scendere a patti con i ribelli concedendo l’espatrio in Svizzera. Ma il desiderio dei Valdei è quello di tornare nelle Valli; “Il Glorioso rimpatrio” avviene tra il 1689 e il 1690, grazie al pastore Enrico Arnaud. Nella seconda metà del XVIII secolo ha inizio il processo di industrializzazione. Sotto il dominio napoleonico cessa ogni forma di discriminazione religiosa, Torre Pellice diventa un importante centro di cultura. Dopo la caduta di Napoleone (1815) tornano tempi difficili per i valdesi, ma finalmente, il 17 febbraio 1848, re Carlo Alberto firma le "Lettere patenti" con le quali si concede ai Valdesi la libertà civile e politica; seguono grandi feste nelle valli e da allora ogni anno, la sera del 16 febbraio, le montagne delle Valli valdesi si illuminano di falò per ricordare la raggiunta libertà.